
C’è chi ha sempre desiderato i Tropici, chi le cime del Tibet, io volevo andare al Freelancecamp. Per assurda o inverosimile che possa sembrare, è una storia vera. Volevo andare al Freelancecamp ma ero dipendente e non mi sembrava il posto adatto a me.
Del Freelancecamp, quindi, so soprattutto che avrei dovuto andarci prima. È un camp per freelance, organizzato dai freelance, ma se ci vai prima di diventare freelance magari è meglio, perché ti fa capire un sacco di cose e, infatti, quello che mi sono portata via da questo Freelancecamp (il settimo, per loro, il secondo, per me) è un mucchio di consapevolezza, quella bella, che mi è servita per rimettermi in moto con le giuste energie.
Cos’è il Freelancecamp
Il Freelancecamp è il posto perfetto per esorcizzare le paure. Perché hai intorno un mucchio di liberi professionisti alle prese con i tuoi stessi problemi, ti puoi lamentare, puoi farti fare un pat-pat sulla spalla al momento giusto, ti bevi un Garden Gin Fizz al Boca, mangi un bel fritto di pesce fatto a modo e soprattutto rimetti in equilibrio quell’orizzonte di ansie e preoccupazioni che a questo punto dell’anno – ti accorgerai quando ci sei – più o meno tutti abbiamo davanti.
È un po’ gita di classe – sarà che la delegazione torinese è parecchio nutrita – e un po’ terapia di gruppo per liberi professionisti.
C’è quella cosa di abbracciarsi e riabbracciarsi, di trasformare in vere le presenze digitali, ci sono un mucchio di chiacchiere e un inverosimile ricircolo di idee e affetto, cose di cui sento di aver bisogno sempre, come persona e come libera professionista. E c’è un programma di speech da fare invidia agli eventi di formazione da centinaia di euro all’ingresso.
Cosa mi sono portata a casa
Sono venuta via dal Freelancecamp con pochissime foto, con molti granelli di sabbia nelle scarpe e la sensazione di conoscermi meglio e con meno giudizio.
A un certo punto, tra le chiacchiere, i drink, il gossip e tutto il resto mi è piovuta addosso questa doccia di presa di coscienza. Ho realizzato molte cose, magari pure un po’ banali, ma che quando ti sfuggono diventano fondamentali, cose che mi serviranno – che mi stanno già servendo – per ricominciare a inseguire con più convinzione ed energia i miei obiettivi.
Intanto ho preso atto di questa cosa che “essere freelance” di per sé non voglia dire proprio un bel niente e che cercare continui paragoni non ha nessun senso. Ognuno è libero professionista a modo suo, quello che ci accomuna è la strada da fare e quello che puoi fare è confrontarti, tuttalpiù, togliendo le misure a tutti i rapporti.
Mi sono sentita sollevata – e molto – per aver rinunciato a proporre uno speech che avevo in mente di portare su quel palco quest’anno. Ho rinunciato perché non me la sono sentita di espormi, ho rimandato per evitarmi altro stress e – ehi – va benissimo anche così, ci puoi essere e dare il tuo contributo anche in altri modi, è come se mi si fosse sciolto un nodo, non è stata la fine del mondo.
Una breve lista di consapevolezza per freelance
Alla fine, del Freelancecamp resta questa cosa qua, una lista di consapevolezza, un piccolo manifesto di questo semestre che – mi auguro – sappia guidarmi (e guidarci) verso quello che verrà (e che faremo venire, in un modo o nell’altro).
- Il lavoro non è la tua vita ma ne fa parte: prenditi cura di entrambi, dello spazio, del tempo e dei sentimenti.
Da vedere: Piccoli spazi di felicità di Nadia Panato, Anno sabatico per freelance di Myriam Sabolla, Se vuoi lavorare sulla tua arte, lavora sulla tua vita di Simona Sciancalepore - È un percorso di crescita a ostacoli in cui tu sei quello che salta, l’arbitro e il giudice. Fischia responsabilmente, salta con giudizio e valutati con onestà.
Da vedere: Il freelance e Linkedin, un amore che può ancora sbocciare di Roberta Zantedeschi. - La fretta non ti serve, un piano ben fatto sì.
Da vedere: Possiamo ancora fare progetti da soli? di Piero Tagliapietra, 10 elementi per (de)scrivere un progetto di Claudia Ravaioli. - Chi non risica non rosica.
Da vedere: Un presidente freelance di Andrea Mascherini. - Ci sarà sempre qualcuno che ha qualcosa da insegnarti e quindi evviva!
Da vedere: Il freelance con il cliente fisso di Daniela Scapoli, Elementi di negoziazione di Luca Sartoni.
Qui tutti gli speech del Freelancecamp 2018, qui le foto di Damiano Tescaro, qui le foto di Marzia Bondoli, qui le foto di Emanuele Rabissi, qui le foto di Roberto Cortese.
Di me si dirà: aveva il superpotere di schivare tutti i fotografi della manifestazione.