Sì, sto per scrivere uno di quei post che prima o dopo sembrerà autoindulgente, uno di quelli che fino qualche mese fa avrei biasimato e che oggi invece fa parte di tutte le cose che, di me, ho cambiato quest’anno.
Quando si tratta di lavoro sono una persona poco flessibile e poco comprensiva, con me stessa e qualche volta anche con gli altri, e forse è questo il motivo per cui tra qualche mese chiuderò il terzo anno da libera professionista con dei buoni risultati, ma è pure la ragione più sincera per cui sono arrivata a questa estate boccheggiando, annaspando e con una stanchezza irragionevole.
Il perfezionismo fa schifo
Non ho memoria, in questi tre anni, di una scadenza saltata, di un impegno preso con un cliente e poi disatteso, di una consegna mancata. Ho lavorato con un fatturato sempre in crescita, ho curato i contatti con molti nuovi clienti e con i clienti di sempre, quelli a cui ormai voglio bene. Ho continuato a occuparmi della mia comunicazione, a postare tre contenuti alla settimana su Brodo di coccole, a postare su Instagram, a pubblicare Stories, a fare dirette, a registrare e montare videoricette, a scrivere per C+B, a tenere i corsi in aula di Foto in tavola, a fare consulenze su Skype, a tenere in ordine la contabilità, a pensare e progettare il futuro. Non mi ricordo, in questi tre anni, di essermi mai concessa il lusso di essere umana e libera, davvero.
Ho dovuto sentire quelle belle grattate ruvide, che bruciano quando tocchi il fondo, per sentire in maniera chiara e inequivocabile che era arrivato il momento di fermarsi. E quando dico fermarsi intendo proprio fermare tutto, arrestare questa macchina in corsa, scendere e sedermi sul bordo della strada, a respirare.
Ricominciare a pensare
Solo quando tutto si è fermato, non senza lasciare qualche segno, ho ricominciato a pensare con chiarezza. Non ti rendi conto, quando ci sei dentro, di quanto quel tuo elenco di cose fare, le tue liste lunghissime, i tuoi traguardi fissati diventino in fretta costrizioni autoinflitte, piccole torture, giochi di potere che fai con te stessa, misurando ogni passo, alzando ogni volta l’asticella, valutandoti per ciò che farai e – soprattutto – per quello che non sarai in grado di realizzare.
Mi ha aiutata molto in questa situazione – per quanto possa sembrare paradossale – aver dovuto, negli ultimi anni, imparare a fare i conti con una malattia autoimmune, un’artrite, che mi ha restituito un corpo sempre più dolorante e che si fa sentire, urla a voce alta. È stato come un riscoprirsi, tarare nuovamente le mie possibilità, modulando le energie, fino ad avere di nuovo il controllo. Aver imparato ad ascoltarmi, a dare meno spazio alle aspettative e più alla realtà, è stato fondamentale in questo passaggio. In qualche modo, mi dico, anche questa cosa era necessaria.
Ripartire
A inizio di agosto, sudaticcia e appiccicosa, nella calura dell’estate piemontese, ho capito che non avrei aspettato le vacanze per andare in ferie. Saremmo – siamo – andati via a fine di agosto, ma ho deciso di mettermi in pausa prima di Ferragosto. Dieci giorni extra, oltre ai quindici già messi in conto per un viaggio in UK, per ripartire e, ancora prima, per riposare.
L’idea di stare per venticinque giorni – un mese, in pratica – lontana dal lavoro, è stata un tormento fino a che, nel primo giorno di queste ferie, mi sono stesa e ho passato un’intera mattina sul divano a fare niente. E davvero non mi ricordavo di quanto questo niente fosse importante.
Quello che ho fatto è stato ripartire da questo niente, prendermi il tempo di svuotare il tempo e poi di riempirlo di nuovo. Questa volta con più parsimonia e più consapevolezza.
Missione: vacanza
Andare in ferie – quando sei freelance e la tua attività e il tuo fatturato dipendono da te – è una faccenda di organizzazione, delega e buonsenso.
Quando ho capito e deciso di volermi fermare ho ripreso in mano i piani di lavoro e stilato una lista, in ordine di priorità, delle attività già avviate o programmate. Ho riempito il planner cercando di ottimizzare al massimo i tempi e, per poterli ridurre ho chiesto aiuto. Con il supporto di una persona che mi ha affiancata ho chiuso in fretta e con successo dei progetti che altrimenti mi avrebbero tenuta impegnata più a lungo di quanto potessi davvero farcela. In qualche caso ho chiesto e ottenuto di poter rimandare, contando sulla comprensione di chi da me aveva sempre ottenuto il massimo della puntualità.
Prima di chiudere tutto ho contattato tutti i clienti con cui sto collaborando in questo momento definendo già i termini del rientro in modo che nessuno di loro pensasse di essere stato messo da parte. A chi mi ha contattata per nuove collaborazioni, durante questo periodo di assenza, ho lasciato un messaggio di risposta automatico chiaro e preciso, con date, link utili e riferimenti così da non perdere nuove opportunità di lavoro (anzi, mentre non c’ero, la data di Foto in tavola di settembre è andata sold out).
Mi sono dispensata da ogni tipo di preoccupazione, anche di quegli pensieri che avrebbero potuta acchiapparmi allo stomaco una volta fuori di casa. Ho affidato casa e piante, mentre non c’ero, a una professionista che se ne è presa cura, e mentre io giravo la Scozia, Valeria di Bottega Botanica si è occupata dei miei angoli verdi, regalandomi un ritorno e un nuovo inizio confortevole, in uno spazio che era già pronto ad accogliermi.
Cosa ho imparato dalle mie prime, vere, ferie
Andare in ferie mi ha restituito la lucidità per poter tornare a fare le cose per bene e – anzi – meglio di prima. Ha dato un valore nuovo al mio tempo, al mio lavoro e mi ha consentito di ricominciare con più energie e più coscienza di me.
I piani che avevo per questo rientro sono completamente cambiati dopo queste ferie perché adesso so come voglio sentirmi, ogni giorno, e quindi come e quanto voglio lavorare, senza andare oltre il limite. Continuerò a crescere, a cambiare, a migliorare ma un passo per volta e senza investire sempre tutte le risorse che ho fino ad esaurirle, prima di ricominciare (alzi la mano chi conosce questo meccanismo perverso e ci si ritrova dentro, ogni volta).
La faccenda di uscire dalla confort zone è importante, ne sono certa, ma qualche volta, rivalutare quell’istinto di autoconservazione che da qualche parte c’è ancora, anche quando gli metti il mute, rientrare nel pigiama e tornare a letto può essere l’occasione da non perdere per riuscire a fare meglio e soprattutto per continuare a farlo, il più a lungo possibile.